Data
17 Giugno 2022
Orario
18.30
È veemente l’impeto della pittura di Eugenio Cannistrà. Con un’attività artistica che ha attraversato, incisiva, il panorama dell’arte contemporanea, Cannistrà ha reso la sua pittura protagonista di evoluzioni che, negli ultimi anni, hanno segnato l’ingresso verso diverse e sempre forti soluzioni comunicative, nelle quali la ricerca dell’essenzialità si concentra sul tratto e, gradualmente, sulla ridefinizione dei colori.
L’intensità del processo creativo che ha scandagliato, insaziabile, le tecniche pittoriche e le loro sperimentazioni, ha catturato, negli anni, possibilità e contraddizioni di una realtà che l’autore ha reso scevra da ogni effimera apparenza. Un processo in cui costante è l’indagine che il pensiero mette in atto nello strumento pittorico, che lo porta verso nuovi sviluppi espressivi che rivisitano e modulano con potenti e caparbie linee, il nucleo di quella stessa, inesauribile forza creativa.
Laddove le tinte, oggi, si dissolvono per poi riproporsi con ulteriori, impetuose scoperte, i tratti, veloci e potenti, incarnano quella forza espressiva che, costantemente, contraddistingue le opere dell’artista.
Caratterizzazioni intuitive e tangibili riverberi, mai celati, sottratti a rilevanti riflessioni spirituali, si muovono in questi periodi di ricerca, lasciando spazio a un’espressività che, totalmente, si affranca da una raffigurazione evidente della realtà contingente, salvo, poi, ricondurre uno sguardo attento alle origini che le hanno dato vita.
L’impossibile immobilità del pensiero creativo genera e sovrappone tonalità che vertono allo sconvolgimento di quelle forme precostituite che si rinnovano e ricreano attraverso vortici e linee fortemente incisive. Un allontanamento non ricercato, dove è la mente a viaggiare in queste infinite tracce di colori forti in cui la luce, sempre, mantiene la sua centralità.
Ogni soggetto conferma la sua estrema peculiarità in questo costante viaggio pittorico, nel quale luogo predominante ha sempre trovato l’individuo e anzi l’esistenza, con i suoi valori e il suo necessario raffronto con le incongruenze della realtà.
Le fluttuanti catene che spesso costringono l’uomo, il dolore, le insidie, gli abbagli e le labili certezze, ancora, penetranti e sconvolgenti, erompono da quella parte della produzione che l’artista destina, sempre, all’ingannevole palcoscenico della vita nel quale solo apparenti maschere si muovono, decise, tra giochi di potere e desiderio di redenzione.
L’indifferenza non trova posto nelle opere di Cannistrà se non nel grido che, forte, emerge dalle voci dei silenziosi soggetti rappresentati.
Qui, in questo percorso che alterna, vorace, alle astrazioni delle forme, volti e corpi stilizzati o semplicemente suggeriti, le mani, forti nella loro presa, veicolano, nell’immediato, desideri e rinunce. A quelle mani, altre o medesime, il ruolo di sorreggere l’origine primaria di quella luce, generatrice di vita, che, potente, sfavilla al centro dei dipinti.
In questo viaggio senza sosta, tra dimensioni che difficilmente puntualizzano le loro linee di confine tra il reale e l’irrealtà, qui, su questo tragitto che, dirompente, i tratti di Eugenio Cannistrà delineano, si inseriscono, immediate e veloci, nuove definizioni che, oltrepassando l’interpretazione dei colori, affidano a rimodulazioni monocromatiche contenuti che traggono forza dal tratto deciso dell’artista. Passaggi graduali eppur influenti che giungono fino all’utilizzo di un unico colore come lontano riflesso di una traccia irreale che ritrova la sua vera dimensione nell’identificazione con una impalpabile eppur insolitamente nota, realtà.
Alessia Latini